Le fluttuazioni del livello delle acque del lago di Bracciano. Il ruolo degli emissari e degli immissari.

Da sempre il livello del lago di Bracciano viene influenzato dalle condizioni climatiche, in particolare dall’intensità delle precipitazioni, ma non solo, furono varie le fluttuazioni causate dall’uomo, in particolare con le opere per condurre acqua a Roma.
Il lago è alimentato principalmente dalle piogge e dalle sorgenti delle colline circostanti che generano i fossi che sfociano nel lago. L’Arrone è il suo unico emissario naturale, ad oggi non si conoscono uscite sotterranee.
Le fluttuazioni devono essere state molte e talvolta piuttosto notevoli, pensiamo al sito neolitico de La Marmotta oggi sommerso e all’epoca della sua vita all’asciutto, oppure ai siti dell’età del Bronzo che hanno avuto la stessa sorte. Pensiamo a quando Traiano, poco prima del 109 d.C., incanalò numerose sorgenti nel suo acquedotto per condurle a Roma: allora il livello del lago dovette scendere di molto. Nel 1776, Lagusiello venne prosciugato per mezzo di uno sboccatore preesistente, forse di epoca romana o più antico, riversando l’acqua nel lago di Bracciano e contribuendo ad aumentarne, sebbene di poco, il livello. L’intento dell’opera era di ottenere nuove terre per l’agricoltura.
Purtroppo le informazioni relative ai livelli del lago sono poche e frammentarie e se ne perdono le tracce nella storia.
Abbiamo notizie del “troppo pieno”, ossia del livello troppo alto con conseguenti allagamenti di campi e strade, o del “troppo basso”, ossia di siccità che ha comportato lo scavo di canali per irrigare i campi.
Informazioni certe sulle fluttuazioni, sulle cause e i rimedi le troviamo tra il XVII e il XIX secolo.
Il duca Flavio Orsini, proprietario del lago di Bracciano e del territorio circostante, chiese alla Reverenda Camera Apostolica di introdurre l’acqua del lago nel condotto dell’acquedotto Traiano-Paolo per unirla a quella sorgiva ripristinata da Paolo V a servizio ed uso della città di Roma. Venne accolta la sua richiesta essendo un’iniziativa di pubblica utilità, ma serviva anche per alimentare una seconda fontana a piazza S. Pietro. Il duca fece stimare la quantità disponibile da Frà Paglia, architetto della Casa Orsini: egli calcolò la possibilità di captare dal lago 1000 oncie sostenendo che sarebbe rimasto un sufficiente capo d’acqua per l’Arrone a beneficio dei terreni limitrofi.
Con Chirografo del 3 giugno 1673 e Istromento del 6 agosto 1675 venne formalizzato l’accordo tra Flavio Orsini e Clemente X: vennero stabilite delle regole e forniti dei passaggi puntuali. Fu, infatti, necessario adottare degli accorgimenti per regolare il regime dell’acqua lacustre e assicurarne la costanza, quindi vi fu la costruzione di un muro di argine con delle fessure regolabili presso l’emissario Arrone, la costruzione di un condotto nuovo e di un edificio di presa, tutto a spese del duca. Quest’ultimo è visibile ad Anguillara, nella località La Marmotta. Venne stabilito che le 1000 oncie dovevano essere divise a metà tra il duca che poteva disporne come voleva e di cui solo 100 poteva venderne al di fuori di Roma, mentre l’altra metà doveva stare a disposizione della Camera. Inoltre, vennero stabiliti luoghi particolari per gli abitanti di Bracciano, Trevignano e Anguillara ove lasciar macerare canape e lini.
Quindi l’immissione dell’acqua lacustre nel condotto principale dell’acqua Paola ne aumentò notevolmente la portata, ma a discapito della qualità, da ciò deriva il detto popolare valere quanto l’acqua Paola.
Ma non venne considerata l’incostanza del livello dell’acqua del lago in funzione dell’intensita delle piogge.
Nel 1677 piovve molto, aumentò notevolmente il livello del lago e, di conseguenza, dell’acqua che entrava nel condotto. L’inaspettata quantità causò dei disastri a Roma, allora si ordinò di chiudere l’imbocco.
A seguito di questo evento, tra il 1678 e il 1682, vennero costruiti tre molini sul pendio del Gianicolo per sfruttare la portata dall’acquedotto Traiano-Paolo.
Nel 1681 la precarietà delle precipitazioni provocò siccità e l’acqua trasportata a Roma non bastava per alimentare i molini, quindi si tentò un potenziamento prelevando l’acqua dell’Arrone tramite un nuovo condotto realizzato nelle campagne di Anguillara, ma venne distrutto nel 1684 poiché trasportava acqua troppo sporca.
Nel 1690 ci fu siccità e i molinari di Anguillara ruppero uno dei regolatori del muro dell’Arrone, la fistola dell’imbocco rimase a secco come anche buona parte del condotto nuovo e a Roma non arrivava l’acqua stabilita.
Sin dai primi anni ci furono problemi nell’assicurare le 1000 oncie dal lago, quindi il Cav. Fontanta venne incaricoto di dirigere i lavori per risolvere i vari problemi insieme a Giova Battista Contini.
Nel 1691 vennero misurate le acque perenni e venne notato che nell’acquedotto Traiano-Paolo entravano circa 610 oncie di acque sorgive.
Venne di nuovo calcolata la quantità di acqua che era possibile prelevare dal lago e, dovendo somministrare un sufficiente capo d’acqua per l’Arrone, venne regolata l’uscita restringendola con uno sforo o fistola di macigno.
Si stabilì, dunque, che dal lago potevano essere prelevate 700 oncie, di cui la metà andava agli Orsini e l’altra metà alla Reverenda Camera Apostolica. Per mantenere un livello ideale, venne stabilito che il lago doveva avere solo due emissari: il condotto da poco costruito e l’Arrone.
Sono documentati lavori successivi per assicurarne la portata e per evitare l’accumulo di detriti e infiltrazioni all’interno del condotto causati dalle correnti e del moto ondoso del lago in particolari condizioni meteorologiche, oltre ad accorgimenti tecnici per evitare che le fluttuazioni stagionali influissero troppo sulla quantità di acqua trasportata.
Nel 1801 ci fu siccità e l’acqua che giungeva a Roma tramite l’acquedotto paolino era scarsa. La mola di Anguillara alimentata dal flusso dell’Arrone, lavorava solo nei giorni feriali, non di notte e nemmeno nei giorni festivi. La Camera propose al duca di Mondragone, proprietario del feudo dell’Anguillara, di chiudere la fistola ed evitare la dispersione dell’acqua nell’Arrone durante la notte e i giorni festivi dei tre mesi successivi la richiesta (agosto, settembre, ottobre del 1801) se le piogge non fossero state sufficienti.
Un potenziamento della portata dell’acquedotto ebbe luogo tra il 1825 e il 1830, quando venne introdotte le acque dal lago di Martignano  e di Stracciacappa nel lago di Bracciano tramite di un canale sotterraneo che confluiva nel Fosso Casacci. Gli effetti negativi consistevano nell’accumulo di terra, frasche e sabbia, come anche pesci e insetti, all’interno del condotto. Questo allaccio serviva come supplemento nelle stagioni in cui poteva verificarsi una portata scarsa del lago di Bracciano per assicurare la giusta potenza alle mole da grano sul Gianicolo, ma andava a scapito della salubrità dell’acqua.

Anguillara Sabazia, Arrone (uscita dal lago di Bracciano)

Anguillara Sabazia, Arrone (uscita dal lago di Bracciano)

Anguillara Sabazia, muro dell'Arrone

Anguillara Sabazia, muro dell’Arrone

Anguillara Sabazia, muro dell'Arrone

Anguillara Sabazia, muro dell’Arrone

Anguillara Sabazia, muro dell'Arrone in primo piano) e Castello dell'acqua (sullo sfondo)

Anguillara Sabazia, muro dell’Arrone in primo piano) e Castello dell’acqua (sullo sfondo)

Anguillara Sabazia

Anguillara Sabazia, località La Marmotta. Edificio di presa sul lago Sabatino voluto da Pio VI nel 1787, detto “il Castello dell’Acqua”.

Autrice: Elena Felluca

ultima modifica: 13 ottobre 2015

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