Sabate

Giano di SabaziaSi narra che in antichità esistesse la città di Sabate,
o Sabazia, improvvisamente sommersa dalle acque del lago, ma la sua età, le sue origini e la sua esatta  localizzazione sono ad oggi sconosciute.
La Città Sabazia quanto è celebre nei fasti dell’antichità per aver dato il nome la Lago Sabatino, altrettanto ha oscuro ed inassegnabile il tempo della sua origine. Così Paolo Bondi da Fiumalbo esordisce nella sua opera Memorie storiche sulla città Sabazia, scritta alla metà del XIX secolo, in cui, a seguito di considerazioni
storiche, teorizza l’identificazione della città perduta con Trevignano Romano.
La testimonianza più antica dell’esistenza di Sabate ci viene fornita da Cluverio, uno storico e geografo tedesco vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, che nella sua opera Italia antiqua, pubblicata nel 1624, riporta il testo di Sozione, personaggio non ancora ben identificato, secondo il quale le acque del lago Sabatino, quando erano limpide, lasciavano intravedere sul fondale i resti di edifici e di statue appartenute ad un’antica città sommersa a seguito di un violento cataclisma.
A Bracciano il ricordo ha assunto l’aspetto di leggenda popolare legata alla fondazione della chiesa di Santa Maria del Riposo: si narra che dalla catastrofe dello sprofondamento di Sabate si salvò una sola persona, una giovane fanciulla, l’unica a comportarsi umanamente nei confronti di un misterioso personaggio, da identificarsi forse con qualche divinità che, per vendetta verso l’empietà degli abitanti, distrusse la città ingrata servendosi delle acque stesse del lago, dopo aver invitato la fanciulla ad abbandonare il posto. La ragazza ebbe istruzione di correre senza mai voltarsi e così raggiunse la parte alta del colle di Bracciano, dove ora sorge la chiesa, edificata più tardi in memoria di quell’evento proprio a simboleggiare la sosta durante la fuga dell’unica sopravvissuta.
Non sappiamo a quale epoca appartenesse la città scomparsa, non sappiamo nemmeno dove fosse, o se sia effettivamente esistita. In molte culture antiche la fine è determinata da un cataclisma naturale causato dall’acqua.
La leggenda dello sprofondamento di Sabate potrebbe essere riconducibile a questo filone mitico: punizione divina per aver esagerato negli scempi morali. Si può supporre, tuttavia, l’esistenza di una città in epoca etrusca, fondata grossomodo parallelamente allo sviluppo di Roma: le fonti storiche menzionano una tribù sabatina inglobata da Roma nel 387 a.C., a seguito della presa di Veio.
Il nome antico del lago di Bracciano deriverebbe, quindi, da Sabate e, probabilmente, la città prese il nome dal dio Sabazio, divinità di origine traco-frigia legata a Dioniso il cui culto conobbe ampia diffusione in area greca nel periodo classico ed ellenistico. Legato alla vegetazione, in particolare all’orzo e al grano, il suo culto misterico e le cerimonie orgiastiche in suo onore avevano come motivo centrale la fecondazione e la rigenerazione della natura. In ambito letterario troviamo citazioni tra gli autori greci e latini: talvolta è associato a Dioniso, con il quale sembra condividere la natura orgiastica del culto, ma sono testimoniate anche assimilazioni a Zeus, essendo la divinità suprema di alcune tribù della Tracia, e al dio del Sole.
Non conosciamo luoghi sacri dedicati a questo dio e non abbiamo che un solo esempio noto relativo alla sua iconografia: un diaspro inciso (etrusco?) trovato nei pressi di Trevignano Romano nel 1844 (o 1884). Su di esso è raffigurato un personaggio con la testa di un uccello con la cresta, presumibilmente un gallo, con i piedi da sirena, ma terminanti con teste di serpenti o pesci. L’individuo indossa una corazza e regge nella mano sinistra uno scudo, mentre nella destra tiene un oggetto che potrebbe sembrare una lancia. La figura, chiaramente di ispirazione orientale, potrebbe essere lo stemma della stessa città di Sabazia. Appare infatti ai bordi della pietra la scritta «Ians Δ Sabatias», che sta a significare « Giano di Sabazia ». La scritta, con caratteri tra il greco ed il latino arcaico, indica più una mentalità etrusca e fa supporre che lo stesso oggetto sia di fabbricazione etrusca. Rimane di difficile interpretazione la lettera lamda posta dopo la scrittura « Ians ». E’ probabile che possa indicare qualcosa come «liberator », forse quasi a rappresentare un omaggio votivo di ringraziamento fatto da coloro che erano sopravvissuti allo sfacelo della città. Il Guazzetti, a cui si devono i ritrovarnenti di queste pietre, propende invece per l’ipotesi che la lettera sia una delta non terminata, nel qual caso starebbe per « domus» o «deius ». Fu questo il momento della conquista romana e il reperto sembra simboleggiare, con la citazione delle due divinità, proprio lo scambio delle consegne tra Sabazio e il subentrante Giano.