Vicarello, tracce storiche…

Vicarello è un’area piuttosto vasta che si estende nella zona nord-orientale del Comune di Bracciano, spesso decantata nelle epoche passate per le sue caratteristiche ambientali favorevoli allo stanziamento umano. La presenza di una sorgente di acqua termale deve aver costituito motivo di attrazione da tempi antichi e le testimonianze trovate al suo interno hanno permesso di rintracciare una sua frequentazione sin dalla preistoria. Le abbondanti sorgenti di acqua devono aver giocato un ruolo determinante per la formazione di insediamenti almeno sin dall’epoca etrusca.
A tutt’oggi risulta sconosciuta l’origine del nome di Vicarello, sebbene in passato venne proposta un’interpretazione basata su una lettura delle vestigia di epoca romana visibili nei dintorni del borgo antico: nel Catasto dei beni del Collegio Germanico in Roma del 1750, custodito nell’archivio storico del Collegio Germanico Ungarico, il Castello diruto di Vicarello e sua tenuta, Vicarello viene interpretato come la corruzione di Vicus Aurelii derivante da Marco Aurelio al quale venne attribuita la costruzione degli edifici e una particolare attenzione alla zona, ma ad oggi ciò non è stato provato dai dati archeologici e sembra che tale associazione all’imperatore sia avvenuta in un momento imprecisato senza un riscontro reso noto nelle fonti storiche. Secondo A.M. Colini, invece, la parola Vicarello indicava il piccolo vico di epoca medievale sorto accanto al castello.
Troviamo la citazione più antica in un documento del 1320 in S. Maria in Trastevere nel quale si fa riferimento al tenimentum castri Vicarelli. Un atto di conferma di tutela nel 1363 testimonia che il feudo doveva essere tenuto in enfiteusi dai conti dell’Anguillara e, da una sentenza del 1367 emanata da Nicolò di Stabia, apprendiamo che Vicarello era in possesso dei monaci di S. Andrea e S. Gregorio al Celio e il castrum, disabitato, era ridotto allo stato di casale. Nel XV secolo lo troviamo in possesso del monastro di S. Andrea e Saba all’Aventino.  Le terme sono citate nel pontificato di Sisto IV per essere state allora concesse in affitto al Cardinale di Siena e, nel 1571, A. Bacci la annovera nella sua opera De Thermis tra gli impianti termali allora conosciuti.
Nel 1521 il Cardinale Innocenzo Cybo, commendatore dell’Abbadia di S. Sabba, concesse a terza generazione mascolina dei Signori Girolamo e Francesco Orsini, figli di Felice della Rovere e di Gian Giordano Orsini, la tenuta di Vicarello con vari patti, ma perchè non furono effettuati li patti, il Cardinale ne riprese possesso nel 1543. Il suo successore nella Commenda di S. Sabba, il cardinale Innocenzo del Monte, nel 1551 fece nuova investitura della tenuta di Vicarello a Paolo Giordano Orsini e ai suoi discendenti maschi escluse le femmine.
Nel 1573 fu donata da Gregorio XIII al Collegio Germanico Ungarico che ne entrò in pieno dominio nel 1692 per canone non pagato. Secondo il suddetto catasto, alla morte di Flavio Orsini, ultimo maschio di questa famiglia, il Collegio tornò possessore mediante la transazione fatta il 16 aprile 1699 con madame della Tremoville Orsini. Da allora vennero apportate delle migliorie.
Nel 1735 venne edificata una chiesa accanto al casino di caccia a sostituzione di una esistente in rovina nei pressi dei bagni termali dalla quale venne asportata solo l’immagine della Vergine dipinta su muro per essere collocata nella nuova. Nello stesso periodo venne ristrutturato l’impianto termale allora in condizioni rovinose e costruite otto stanze dotate delle necessarie comodità.
Nella tenuta vi erano anche una mola da grano lungo il Fosso delle Ferriere non lontano dalla foce e una ferriera a monte dall’edificio termale.
Il suddetto catasto del 1750 ci fornisce numerose informazioni sullo stato della tenuta ridotta, all’epoca, a feudo rustico dove il Governatore del castel diruto di Vicarello era nominato tra la gente del posto dai Cardinali Protettori e aveva tutte le facoltà di giudicare sia le cause civili, sia quelle criminali in conformità dei privilegi conceduti per bolle dai sommi pontefici al Collegio Germanico.
Nel 1852 il Collegio apportò ulteriori migliorie all’impianto termale facendo costruire un grande edificio ancora oggi esistente. In quell’occasione venne ristrutturato anche il nucleo dei bagni per la cura termale portando alla luce una stipe votiva: la spaccatura della roccia dalla quale sgorgava l’acqua alla temperatura di circa 40-45° era totalmente intasata di vasi in metallo, monete e altri oggetti gettati in antichità dai malati fiduciosi o riconoscenti. Essa era composta da una notevole quantità di aes rude, di un quadrilatero, di aes grave e migliaia di monete coniate di epoca romana, oltre a piccoli oggetti, vasi e bicchieri in bronzo e in argento, alcuni dei quali recavano l’incisione dell’itinierario a tappe da Cadice a Roma. Il tutto era stratificato in ordine cronologico e, in fondo a tutto, vi erano strumenti litici dei quali non è stato possibile stabilire una datazione, mentre sembra che con l’aes rude possiamo risalire almeno fino all’VIII secolo a.C. e con le monete più recenti possiamo arrivare agli inizi del IV secolo d.C.
Sulla base degli oggetti che riportavano l’iscrizione del nome di Apollo trovati nella stipe, G. Marchi identificò i bagni di Vicarello con le terme Apollinari citate nell’Itinerario Antonino e dal 1857, quando il Collegio avviò l’esercizio a carattere pubblico di dette acque, venne utilizzato l’appellativo Apollinari per indicare l’impianto termale.
A distanza di oltre settant’anni, nel 1928, la Società Acqua e Terme proprietaria ed esercente delle antiche terme Apollinari di Stigliano presentò un atto di diffida contro il Collegio accusandolo di utilizzare in modo improprio tale appellativo poiché sosteneva che, su basi storiche, solo i bagni di Stigliano potevano essere identificate con le antiche terme Apollinari, quindi rivendicò tale denominazione a titolo esclusivo, e pretese che il Collegio lo togliesse evitando di adoperarlo ulteriormente. Ma il Collegio declinò ogni responsabilità, sottolineando i fondamenti storici e archeologici per la scelta del nome.
Sulla Tabula Peutingeriana è indicato un solo sito come Aquae Apollinaris e accanto a tale vignetta appare la scritta ad novas: la vicinanza geografica dei due stabilimenti provoca incertezza nell’esatta identificazione del nome antico. R. Garrucci aveva argomentato tale dibattito supponendo che la denominazione potesse riguardare entrembi gli impianti. La devozione in antichità alla medesima divinità, ossia Apollo, è testimoniata in entrambe i siti, quindi la denominazione Aquae Apollinares può identificare sia i bagni di Vicarello, sia quelli di Stigliano. L. Gasperini, dopo una serie di studi e indagini, è arrivato a sostenere che le terme di Vicarello sono da identificarsi nell’espressione Ad novas della Tabula come ad indicare un rinnovamento architettonico avvenuto in età medio-imperiale, quindi ridenominate Aquae Apollinares Novae, mentre i bagni di Stigliano vennero identificate con il toponimo Aquae Apollinares della Tabula con l’aggiunta, in epoca moderna, di veteres.
Nel 1878, il Collegio vendette all’asta l’utile dominio delle terme restando Direttario della tenuta di Vicarello e dei bagni omonimi.
Negli anni Settanta la tenuta venne venduta ad una società inglobata, in un secondo momento, alla Vicarello S.p.a.

Bracciano, tenuta di Vicarello, edificio termale (Archivio storico del Collegio Germanico Ungarico)

Bracciano, tenuta di Vicarello, edificio termale (Archivio storico del Collegio Germanico Ungarico)

Bracciano, tenuta di Vicarello, Casino di caccia

Bracciano, tenuta di Vicarello, Casino di caccia

 

Autrice: Elena Felluca

ultima modifica: 29 luglio 2015

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